Tra le notizie estere leggo questa riguardate la Svizzera:
GINEVRA - Sì degli Svizzeri all'espulsione degli stranieri criminali. Chiamati alle urne per pronunciarsi sull'iniziativa popolare 'Per l'espulsione degli stranieri che commettono reati' gli elettori elvetici l'hanno approvata con il 52,9 % di voti, consegnando così una nuova vittoria al partito di destra sempre più populista dell'Unione democratica di centro.
Mentre sorseggiavo il mio latte e addentavo la mia pastarella, riflettevo sulle conseguenze che avrebbe avuto tale legge, sulla sua effettiva utilità e sulla sua “umanità” cercando di farmi un’opinione a freddo, prima di leggere qualche riga di più sul web.
Navigando un po’, ho cercato pareri di destra e pareri di sinistra, così ho trovato un articolo sul Fatto Quotidiano (clicca qui) e sul Giornale (clicca qui)
Brevemente: “Il referendum appena approvato prevede che l’espulsione automatica avvenga nel caso di reati gravi, come lo stupro, altri reati sessuali, atti di violenza come quelli legati al banditismo il traffico di droga, ma anche le truffe all’assistenza sociale”. Da sottolineare che si parla di stranieri, non solo di extra-comunitari.
Le due testate dicono fondamentalmente la stessa cosa, ma una differenza notata è che Il Fatto si preoccupa un po’ di più delle conseguenze umane e umanitarie che può avere tale legge: “oltre al mafioso a capo di un ingente traffico di droga, dovrà fare ritorno a casa pure la donna delle pulizie immigrata che non ha dichiarato alcune ore del suo lavoro”.
Sottolineavo prima che il provvedimento parla di stranieri, non soltanto di extra-comunitari, e ribadisco questo perché “il provvedimento potrà interessare anche persone, esponenti della seconda generazione di immigrati, nati in Svizzera”. Quindi mi sorge una domanda lecita: quand’è che in Svizzera non sono considerato straniero? In Italia la legge dice che se nasci in territorio italiano allora sei italiano, con tanto di nazionalità, quindi non più “straniero”. Forse in Svizzera è diverso. Mi dovrò informare…
Una cosa invece mi ha fatto riflettere particolarmente, un po’ più profondamente, è quando Amnesty International afferma che “l’espulsione verso certi Stati rappresenterà la possibilità probabile che queste persone siano sottoposte alla tortura o alla pena di morte”. Questa frase credo sia la chiave di volta dell’intero referendum.
Partendo dal fatto che le persone hanno il diritto di rifugiarsi in Svizzera perché lì nessuno si sognerebbe mai di torturarli o impiccarli, ma nessuno da diritto loro a continuare a commettere crimini nello stato che li accoglie e li protegge da tale inciviltà, la cosa più semplice da pensare sarebbe “tu, straniero, scoperto a stuprare, condannato alla tortura o peggio, scappi dal tuo paese e vieni in Svizzera e continui a stuprare, mi dispiace, ma ti rimando da dove vieni”
Non è così semplice come si crede nel paese del cioccolato e della precisione…Se ci vogliamo vantare così tanto di essere l’Occidente, con leggi precise, la possibilità di parlare e ascoltare il volere di tutti (tralasciamo il fatto che poi nella realtà delle cose non è mai così), cultura così avanzata che possiamo sfregiarci del titolo di società più libera, avanzata e democratica del mondo, che aborra la tortura (la pena di morte ancora no), allora dobbiamo anche assicurarci che una persona non subisca questo genere di violenza in nessuna parte del mondo. L’egoismo di dire “a me basta che la tortura non si faccia nel mio paese” è una cosa gravissima che non fa altro che aumentare la differenza culturale tra noi e il “terzo mondo” ed è per questo che secondo me il referendum, anche se ha l’intenzione di proteggere i cittadini svizzeri perbene, se ne frega altamente del resto del mondo.
Anche la soluzione alternativa proposta dal governo che, prevedendo la vittoria dell’estrema destra, ”aveva presentato un controprogetto, che cercava di rappresentare un compromesso (proponeva di stabilire l’espulsione caso per caso, non in maniera automatica)”. E’ soltanto un mettersi a posto la coscienza nel caso in cui una filippina o una polacca (luoghi comuni, lo so, ma una di loro è comunitaria) dovrebbero essere espulse per non aver dichiarato le ore di lavoro al pari di uno stupratore o un trafficante di droga. Ma il concetto rimane sempre quello: di qualsiasi nazionalità essi siano, si nega loro o il diritto di asilo politico (che fa parte dei diritti incontestabili di un essere umano) oppure della possibilità di vivere una vita migliore di quella che avevano nei loro paesi di origine. Per quale motivo un tedesco stupratore deve essere trattato diversamente da uno svizzero stupratore? Perché una donna delle pulizie brasiliana diversamente da una svizzera? Di fronte alla legge non c’è una sola ragione al mondo per cui due persone devono essere trattate diversamente solo perché non sono considerate cittadine dello stesso stato.
Ma allora che devono fare i governi, europei e non, per debellare la piaga della criminalità straniera? Posso ipotizzare soluzioni ovvie, dette e ridette migliaia di volte negli anni, cose tipo pene più severe, miglior controllo da parte degli organi predisposti, quindi anche più prevenzione…Belle, bellissime parole, ma i fatti? I fatti dicono che non si possono attuare, o per sovraffollamento delle carceri, o per mancanza di fondi ([meglio andare a puttane che prenderlo in culo] cit. Voi-sapete-chi). Poi non meravigliamoci se si arriva ad un punto critico in cui ci si fa giustizia da soli. Ma in quel caso la soluzione è tanto semplice quanto incivile: espellere (leggasi “cacciare a pedate”) qualcuno dei 7 miliardi cittadini del mondo, magari con la pessima giustificazione “per il suo bene”.
Concludo: sono stato vittima di atti di vandalismo sulla mia auto ad opera di tunisini, come sono stato testimone di atti di profonda civiltà e umanità da parte di altri stranieri.
Sono italiano, quindi dovrei pensare ai problemi italiani che a quelli svizzeri, però penso che il problema di fondo non è tanto il fenomeno dell’immigrazione in sé, ma soprattutto la quasi totale mancanza di integrazione, e la colpa è da attribuire da entrambe le parti: noi popolo italiano siamo storicamente poco propensi ad accogliere i diversi (vedere un ragazzo dell’85 come me che distribuisce i volantini della Lega mi fa ribrezzo), dimenticandoci, tra l’altro, che fino a un secolo fa eravamo immigrati anche noi nelle Americhe, e loro popolo straniero (non tutto, sia chiaro) qualche volta non fa niente per essere accolto come dovrebbe.
II post - Gabriele aka Camthalion
"Ai nostri giorni in effetti trova largo consenso l'idea che le migrazioni non rappresentino un motore primario della società (cosa che in realtà oggettivamente sono), ma piuttosto un ingovernabile agente del cambio sociale, la tessera deformata di un mosaico che non trova la sua appropriata collocazione, un rumore di fondo che disturba il regolare ronzio della vita sociale."
RispondiEliminaQuesta è una frase tratta dal libro che sto leggendo proprio in questi giorni ("In cammino. Breve storia delle migrazioni" di Massimo Livi Bacci) e che mi è sembrata assai appropriata come inizio per il mio intervento. E' in effetti sempre più diffusa oggigiorno la xenofobia, la paura del diverso. Quanto poco ci mettiamo a insultare un extracomunitario o a fare appunti sul suo strano modo di vestirsi o sul suo odore?! Troppo spesso ci dimentichiamo che se ad esempio in Italia non ci fossero gli stranieri..a quest'ora la nostra popolazione sarebbe in grave deficit demografico, con complicanze estremamente complesse per tutta la totalità della nazione. Concordo con quando dici che in realtà ciò che manca è una seria politica d'integrazione. Purtroppo insieme a tante persone oneste che vengono effettivamente per lavorare e per tentare di migliorare con dignità la loro dura esistenza, ci sono anche quelli che vorrebbero vivere di bassi espedienti (la cosiddetta criminalità). Forse siamo noi però a non essere credibili dal punto di vista istituzionale..ci vorrebbe il famoso pugno duro che non consiste però, almeno secondo me, nell’espellere gli immigrati. Dovrebbe piuttosto prevedere un piano di leggi rigide e severe con chi non le rispetta, ma altrettanto aperto e propenso con chi invece vuole imparare a rapportarsi con la nostra cultura. E’ risaputo che in tutti i secoli precedenti chi è emigrato verso altri paesi a poco a poco e non senza difficoltà è riuscito però a integrarsi con i sostrati preesistenti nei paesi di arrivo. Prendiamo l’esempio degli Italiani emigrati nelle Americhe, così mi rifaccio a quello che hai scritto tu. In particolare vorrei far riflettere sul fatto che le donne italiane una volta giunte in America facevano esattamente il doppio dei figli delle americane. In pochissimo tempo la forbice però si richiuse e il numero dei figli delle italiane scese addirittura al di sotto di quello delle americane. Ora invece quante volte magari vedendo una madre maghrebina con 4 o 5 figli, non rabbrividiamo? E magari ci lamentiamo di come sia possibile una cosa del genere..quasi la compatiamo, totalmente dimentichi che qualche decennio fa eravamo noi quelli ad essere guardati con disprezzo. Quante contraddizioni eh? La storia avanza a ritmi elevatissimi, ma mi pare che siano in pochi a studiarla come si deve! Soprattutto tra i “boss”. Eppure lo si sa, è tramite lo studio consapevole del passato che possiamo mettere delle radici forti al futuro. Ci fermiamo di fronte a troppe superficialità. Non è vero che gli immigrati non si integrano nella società..chi viene lo fa perché è costretto, di sicuro ne potrebbe fare benissimo a meno. Allora sta a noi dargli la possibilità di conoscerci e avvicinarsi al nostro stile di vita, per poter vivere in armonia. I Romani avevano provato a fermare l’invasione dei barbari con la forza ma..vi risulta che ci siano riusciti? Quelle forti migrazioni nel bene o nel male hanno portato alla società contemporanea, hanno contribuito all’evoluzione dell’umanità tramite proprio il confronto con il diverso. Dobbiamo cercare di restituire alle migrazioni una funzione positiva nello sviluppo delle società.